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architectourism ISSN 1982-9930

Foto panorâmica de Santos, São Vicente, Praia Grande. Foto Victor Hugo Mori

abstracts

português
Entre os vários eventos realizados em todo o mundo para celebrar o centenário de seu nascimento – exposições, livros, filmes, seminários – Milão decidiu lhe dedicar um lugar público, um espaço da cidade: a Piazza Lina Bo Bardi.

italiano
Tra le tante occasioni che si sono rincorse in tutto il mondo a celebrarne il centenario della nascita – esposizioni, libri, film, convegni –Milano ha deciso di dedicarle un luogo pubblico, uno spazio di città: Piazza Lina Bo Bardi.


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POZZOLI, Viviana. Piazza Lina Bo Bardi, Varesine, Milano. Arquiteturismo, São Paulo, dates.year 09, n. 105.04, Vitruvius, dates.dec 2015 <https://vitruvius.com.br/revistas/read/arquiteturismo/09.105/5845/it>.


Lina a Milano, Milano a Lina. Toponimo Lina Bo Bardi

Quello tra Lina Bo Bardi e Milano è un rapporto longevo e stratificato. A Milano Lina visse e lavorò, compiendovi il proprio tirocinio professionale, acquisendovi competenze e una sensibilità, grafica e architettonica, che l’avrebbero accompagnata in tutto il suo percorso di architetto.

Una corrispondenza già riconosciuta dalla città nel 1994, quando presso la Triennale – dove un decennio prima era giunto, in attesa del suo riordino e della preparazione di un’ambiziosa esposizione, il fondo archivistico del marito Pietro Maria Bardi, oggi conservato all’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana – viene ospitata la pionieristica mostra Lina Bo Bardi. Essa ha costituito una fondamentale apertura sulla sua personalità, sino a quel momento sostanzialmente sconosciuta in Europa, mettendone per la prima volta in luce l’importanza, anche attraverso la pubblicazione di un libro (1) che è stato per anni l’unico documento esaustivo sul suo lavoro e rimane ancora oggi uno strumento di riferimento imprescindibile pure nella recente fortuna storiografica di Lina.

Un nuovo importante appuntamento ha avuto luogo lo scorso anno, quando tra le tante occasioni che si sono rincorse in tutto il mondo a celebrarne il centenario della nascita – esposizioni, libri, film, convegni –Milano ha deciso di dedicarle un luogo pubblico, uno spazio di città: Piazza Lina Bo Bardi.

Nel ripercorrerne la vita e l’opera, non appaia scontato riflettere su come la chiave per affrontare la figura di Lina, architetto vissuto tra vecchio e nuovo mondo, possa essere, anzitutto, una chiave geografica.

Nata in Italia, giunta in Brasile qualche settimana prima di compiere trentadue anni, nell’ottobre 1946, Lina diventa cittadina brasiliana nel 1951, anno in cui completa il suo primo progetto costruito, l’iconica Casa de Vidro.

La questione della nazionalità di Lina, italiana naturalizzata brasiliana, è nota e ampiamente citata. Vi si ritorna costantemente, legittimati da lei stessa, che nel celebre Curriculum letterario, a cui affida la costruzione e trasmissione della propria memoria, definisce il Brasile “due volte il mio Paese, la mia Patria di Scelta” (2). Ma qual è il peso di questa identità complessa, cresciuta su due continenti?

Oggi che l’immagine di Lina è sotto i riflettori e che il suo lavoro si trova al centro delle riflessioni dell’architettura contemporanea internazionale, appare necessario provare a leggere il suo percorso fuori dai filtri interpretativi e dalle testimonianze, talvolta contraddittorie, che hanno spesso caratterizzato le narrazioni sulla sua vita, per cogliere, piuttosto, gli effettivi legami tra la sua vicenda biografica e l’elaborazione di una personale concezione architettonica. La ricorrenza del centenario ha costituito un invito in questa direzione e, in Italia, sono stati diversi i contributi – su tutti la bella mostra Lina Bo Bardi in Italia organizzata al Maxxi di Roma – relativi alla storia italiana di Lina, nel tentativo di fare maggiore luce sul periodo della sua formazione e della sua prima attività.

Una storia significativa, quella della giovinezza, che si muove lungo l’asse Roma-Milano nei difficili anni del fascismo, della guerra e della ricostruzione, segnati dalla polemica per l’architettura razionale e in direzione di una cultura del progetto, attraverso i quali Lina accumula un bagaglio di esperienze, umane e professionali, di cui va considerata tutta l’incidenza esercitata nella seconda parte della sua vita.

Va subito detto che Milano ebbe un ruolo primario in queste vicende. È qui che, sotto l’egida di Gio Ponti, Lina riceve la sua seconda, decisiva formazione, dopo gli anni romani dell’infanzia e della Regia Scuola di Architettura, dove nel 1939 si laurea con Marcello Piacentini.

Com’è noto, a Milano Lina arriva l’anno successivo, nel 1940, introdotta dal collega Carlo Pagani, con cui in via Gesù, nel cuore del centro storico della città, apre il suo primo studio, poi distrutto in piena guerra dai bombardamenti del 1943. Subito, entra nell’entourage di Ponti e lavora soprattutto in ambito editoriale, pubblicando progetti sulle riviste e collaborando come redattrice e illustratrice. Insieme a Pagani contribuisce assiduamente a Domus, quindi, sempre seguendo Ponti, che ne abbandona la direzione e nel 1941 fonda Lo Stile nella casa e nell’arredamento, alla nuova testata. Al contempo pubblica su altri periodici, come il raffinatissimo trimestrale d’arte Aria d’Italia, la rivista di moda Bellezza, il femminile Grazia, su cui tiene una rubrica fissa dedicata alla casa e alle soluzioni di arredo, ma anche L’Illustrazione Italiana, Tempo, Milano Sera.

La situazione delle riviste di settore in questi primi anni ’40 è molto mobile e, accanto all’affermazione di nuove concezioni estetiche e progettuali, nelle redazioni si assiste ad un rimescolamento di firme e figure responsabili. È il caso, citato, di Ponti, ma anche di Lina e Pagani che nel 1944, su invito dell’editore Gianni Mazzocchi, si trovano a ricoprire il ruolo di vice-direttori di Domus, la più autorevole testata di architettura italiana. Per il periodico, l’anno successivo i due creano e dirigono la collana Quaderni di Domus, composta da piccoli volumi monografici dedicati all’attrezzatura della casa moderna. Proprio il discorso sull’abitazione e il suo arredo, sulla progettazione e il gusto per gli interni è, all’avvio del decennio, al centro dell’interesse degli architetti, e presto la ricostruzione porrà con un’urgenza inedita (e declinazioni differenti) il problema della casa nel dibattito architettonico.

Conosciamo poi l’adesione di Lina al Movimento Studi Architettura, in un paese devastato dalla guerra e dai bombardamenti, la sua militanza e la partecipazione, con una relazione su La propaganda per la ricostruzione, al Convegno nazionale per la ricostruzione edilizia tenutosi a Milano nel dicembre 1945. A questo seguirà il riavvicinamento con l’ambiente romano, l’incontro con Bruno Zevi e la fondazione, nel 1946, della rivista “A”; e ancora il matrimonio con l’influente figura di Pietro Maria Bardi, uomo di riferimento nella tensione verso il moderno della cultura artistica e architettonica italiana, e la partenza con lui per il Sudamerica.

Pochi anni dopo, di ritorno da un importante viaggio in Brasile, il suo mentore e maestro Gio Ponti non mancherà di presentarla al pubblico italiano, ormai lontano, come: “Lina Bo, donna intelligentissima che lavorò a Milano” (3). Ed è anche questo che vogliamo pensare, oggi, passando per la piazza a lei intitolata nel nuovo quartiere Porta Nuova Varesine.

L’iniziativa da parte dell’amministrazione comunale di dedicare la piazza all’“architetto-designer” – come si legge nella targa – è scaturita dall’opportunità di definire la toponomastica relativa agli interventi urbanistici di una vasta area di recente riqualificazione diventata il nuovo centro direzionale della città metropolitana, che grazie al carattere architettonico delle costruzioni, affidate ad archistar internazionali, ha cambiato lo skyline di Milano.

Il progetto di Porta Nuova (2007-2014), che si compone di edifici a carattere terziario e residenziale e da 160.000 mq di aree verdi e pedonali, a ricucire quartieri storici della città, comprende i tre distretti di Garibaldi, Isola e Varesine – i cui masterplan sono stati sviluppati rispettivamente dagli studi Pelli Clarke Pelli Architects, Boeri Studio e Kohn Pedersen Fox Associates – articolati attorno a un baricentro costituito dall’area dei Giardini, in cui è previsto un intervento paesaggistico di Petra Blaisse.

Piazza Lina Bo Bardi, Varesine, Milano. Kohn Pedersen Fox Associates
Foto Viviana Pozzoli

A fine dei lavori di pertinenza Varesine, il 16 maggio 2014 si è proceduti, con delibera della giunta n. 1018, all’intitolazione di due nuove piazze e una nuova via, per cui sono stati individuati i nomi di Lina Bo Bardi, Alvar Aalto e Joe Colombo. I nominativi si sono aggiunti a quelli di altri progettisti, come Gae Aulenti e i Fratelli Castiglioni, precedentemente scelti per altri siti della zona Porta Nuova, a dare vita ad una sorta di Olimpo degli architetti.

Inaugurata pochi giorni dopo, il 22 maggio, la piazza pedonale Lina Bo Bardi corona il business district Varesine connettendosi al tessuto urbano storico verso Piazza della Repubblica. Essa si apre sotto uno dei più rilevanti grattacieli del progetto, la Diamond Tower firmata KPF Associates, che completa l’asse in cui svetta, centrale, il podio di piazza Gae Aulenti, culminante nella guglia della Torre Unicredit. Accanto, il Bosco Verticale di Boeri, che a Chicago si è recentemente guadagnato il titolo di grattacielo più bello e innovativo del mondo.

È evidente come l’inedito paesaggio urbano di Porta Nuova stia avendo grande successo di pubblico, anche se alcuni dei suoi spazi, per quanto accessibili e aperti, si connotano innanzitutto come aree di pertinenza del complesso degli edifici, finendo per sembrare orientati a offrire alla città più uno spazio di entertainment che di socializzazione. Non è questa la sede per discutere su qualità e problemi dell’intervento, scandito peraltro da tensioni molto diverse, né sulla possibile idea di città che esso veicola. Ciò che è innegabile è che abbia trasformato radicalmente il profilo di Milano, offrendogli un rinnovamento da molto auspicato e assegnandogli una sicura cifra di stampo internazionale.

La scelta del nome di Lina per il sito è stata fortemente voluta dallo stesso Assessore alla Cultura, Filippo Del Corno, non soltanto per questioni di genere – Lina è un architetto donna, e ciò contribuisce ad intervenire positivamente sul retaggio storico di una toponomastica cittadina al maschile – ma, specialmente, per ragioni aderenti alla sua vicenda umana e professionale. Da una parte, il suo legame con la città, la sua storia milanese; dall’altra, la sua capacità di avere dato vita ad un fecondo dialogo tra esperienze, valori e civiltà lontane, di rappresentare esemplarmente un ponte tra culture.

Piazza Lina Bo Bardi, Varesine, Milano. Kohn Pedersen Fox Associates
Foto Viviana Pozzoli

In una prospettiva che si concilia con questa visione, il prossimo anno Lina tornerà a Milano per il progetto Italiani sull’oceano. Relazioni artistiche tra Italia e Brasile nel ‘900, che si svolgerà in primavera al MUDEC, il nuovo Museo delle Culture. La sua figura verrà presentata, per la prima volta, accanto a quella di Pietro Maria Bardi, insieme nel viaggio verso il nuovo mondo e nell’esplorazione della cultura urbana e originaria del Brasile, in un cortocircuito di suggestioni alla base di tutto il loro lavoro futuro.

note

1
FERRAZ, Marcelo Carvalho (cura). Lina Bo Bardi. Milão/São Paulo, Charta/Instituto Lina Bo e P.M. Bardi, 1994.

2
BO BARDI, Lina. Curriculum letterario. In: FERRAZ, Marcelo Carvalho (org). Op. cit., p. 12.

3
PONTI, Gio. La ‘Casa de Vidro’. Domus, n. 279, Milano, feb. 1953, p. 24.

sull'autore

Viviana Pozzoli si è laureata in Storia dell’Arte all’Università degli Studi di Milano, dove attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in Storia dell’Arte Contemporanea. Nel 2011 è stata visiting student presso il MAC USP de São Paulo.

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