Molto spesso quando la capacità di analisi viene meno per un periodo della nostra storia o vita si giunge alla facile conclusione che si tratta di un periodo di transizione.
In alcuni casi non ci sono elementi tali per comprendere la complessità dei fenomeni,in altri l’intuito non è sufficiente.
Credo che in questi anni stiamo attraversando rapidamente, quasi come se le accelerazioni delle immagini venissero proiettate da una macchina in corsa che fa vivere giorni o mesi in pochi attimi, un cambiamento di portata superiore per impatto, e dimensione alla grande rivoluzione delle macchine.
Tutto ha avuto inizio quando alla presidenza degli stati uniti di america, Ronald Reagan è iniziata la seconda fase della sperimentazione delle comunicazioni nello spazio.
La cosiddetta guerra stellare non era altro che un sistema di cablaggio satellitare del pianeta: il digitale che diveniva un progetto globale.
La scelta digitale ha avuto una sperimentazione accelerata alla fine degli anni ottanta. Con la guerra del golfo, si é avuta una quasi definitiva messa a punto dei controlli e delle differenti ricadute commerciali sia, per la ricerca spaziale che per i nuovi ‘strumenti’.
Il controllo, il comando, la gestione, termini che hanno sempre accompagnato i miti del potere, sembrano per la prima volta a portata di mano tanto da avere ancora di più una connotazione ancora più metafisica.
I luoghi dove per abitudine e comodità si esercitava il controllo,con la trasformazione informatica prima, poi digitale,hanno gradualmente perso interesse come centralità ed hanno assunto diverse configurazioni. Parlo della città come luogo fisico che poteva accumulare conoscenze e sviluppo economico.
Parallelamente alla grande mutazione in termini produttivi del pianeta negli ultimi venti anni, si è raggiunta una costante crescita della popolazione urbana rispetto a quella che ancora abita in aree agricole o extra urbane.Circa tre miliardi di persone vivono in città, termine ormai privo quasi di significato,o meglio in grandi spazi urbani.
La guerra del golfo aveva messo a punto il controllo a distanza: di traiettorie, informazioni, un adattamento migliore alla casualità e agli eventi non previsti.
Da un luogo qualsiasi si poteva ricevere e dare informazioni,e quando a gennaio del 1991 iniziò il conflitto parallelamente decollò l’informazione satellitare. CNN mandava in onda le immagini dei missili lanciati e degli obiettivi colpiti quasi in tempo reale.
Tutto sembrava così irreale da rendere anche il disastro o gli atti efferrati l’appendice di un film di guerre stellari.
Eravamo entrati definitivamente in un altro grande capitolo delle modifiche che questo pianeta continua a subire nel corso della sua lunga vita.
La perdita di importanza del luogo si incominciava a cogliere. Durante gli anni ottanta.gli spostamenti diventano più rapidi, le distanze si accorciano, così come le possibilità di contatti.Anche il cinema ,la letteratura, l’architettura iniziano ad accorgersi delle mutazioni.
L’internazionalizzazione delle grandi città prima, la globalizzazione, più tardi, cambiavano i nostri gusti e i nostri modi di espressione. Agli abitanti di una città si aggiungevano con una crescita esponenziale i nuovi nomadi del turismo.
In Francia , 56 milioni di abitanti,e per l’anno duemila 74 milioni di visitatori,in Italia il numero è inferiore, ma su 54 milioni di residenti censiti ci sono circa 50 milioni di turisti.
Numeri importanti.Uniti alla grande emigrazione e alla modificazione sostanziale e sempre in cambiamento del nucleo originario che abitava le città occidentali,si é instaurato un sistema di precario equilibrio, il ricordo delle città come le abbiamo conosciute, almeno in Europa, è avvolto dalla nebbia e dalla velocità dei cambiamenti..
La città per almeno due secoli è stata considerata il luogo in cui si esercitava potere e controllo.
Abbiamo goduto di una semplificazione sociale incredibile:due classi antagoniste ed un'altra a fare da bacino di compensazione,ovvero da rendere possibile nell’immaginario collettivo il passaggio da una all’altra.
Negli USA si affronta il problema di dare senso politico alle mutazioni che sono avvenute negli ultimi anni. Difficile per una società complessa trovare soluzioni semplici. I luoghi in cui si esercita il potere ed i luoghi dove era centralizzato ormai sono differenti.
Dobbiamo dimenticare tutto questo. La città per buona parte del novecento è stata scenario conflittuale per una rappresentazione dolorosa; è ricca di relazioni intense e complesse, ha perso la sua centralità.
Centralità che le derivava da una rendita di posizione propria della civilizzazione occidentale.Lo scontro incredibile ed in un certo senso diabolico tra la vecchia economia (auto, armi, petrolio ,industria) e la nuova economia, (comunicazioni e sistemi di controllo) non passa più per le nostre città. Il fattore innovativo, non le appartiene ed esula dalle competenze di partiti e governi. Le istituzioni della società delle macchine, vecchi e di 200 anni, sopravvissute e ai grandi conflitti sociali ed alle guerre, sembrano residui privi di identità, alla macchinosa ricerca di una nuova identità in scenari estremamente complessi e privi di mediazione.
Il sogno di ritrovare centralità alle città è fallito: non saranno mai più, ripeto, come le abbiamo conosciute: luoghi in cui si esplicita potere e controllo economico.
New York vive come centro di massimo accumulo e pieno controllo economico del mondo, ma i candidati presidenti per le elezioni del 2000 aspettano uno, il democratico a Nashville in Tennessee e l’altro a Huston i risultati. Nel frattempo a Los Angeles. su circa 170 chilometri per 40, vive una popolazione che parla in maggioranza spagnolo e la televisione nei suoi reportages non parla quasi mai di Washington , sede delle istituzioni.
Vero dunque che la città ha perso la sua natura quasi fisica dove si esercita il controllo,ma nella sua mutazione diviene ancora altro.
Lo scontro in atto tra un’economia che cerca di sopravvivere ai grandi cambiamenti e che ancora oggi vale il cinquanta per cento nel modo di produrre,(ancora parte delle nostre abitudini) e un’altra non più in formazione, ma in rapida crescita, coinvolge e toglie definitivamente ai partiti e alla loro capacità di governo ogni controllo e prerogativa sul futuro.La domanda che moltissimi si pongono è simmetrica al futuro delle città: quale sarà la forma di democrazia che riusciremo a esprimere, accettando ormai l’idea che nei prossimi 20 anni le aree urbane continueranno a crescere con un ritmo almeno uguale a quello attuale? quale città vivremo?
Quale citta quali luoghi?
La città storica in Europa rappresenta ormai il ricordo di come abbiamo vissuto. Densa come i centri storici, ricca di spazi per la nuova borghesia, estesa senza confini per gli altri.
In centro un sottoproletariato urbano impresentabile alla nuova società industriale,via via emigrato oltre i confini del visibile. Al suo posto Musei, restauri e il flusso ininterrotto dei turisti, abitanti occasionali.
La vita è oltre i 12 chilometri del diametro massimo della Ville de Paris, e oltre Amsterdam. L’Aia, Rotterdam: quello che una volta si chiamava campagna in Olanda ora non è altro che un continuo suburbio di case unifamiliari.
Un Ring autostradale collega le tre grandi città. Ogni ora del giorno è sinonimo di auto che si spostano nei due sensi a una lentezza esasperante.
Londra insiste sui suoi principi di modernità.Dopo gli anni delle dichiarazioni fortunatamente inascoltate di un ritorno sacrale al passato,ha investito buona parte della città in sostituzioni massicce, completando un vecchio disegno degli albori degli anni sessanta.
Assistiamo a una tale furiosa volontà di contemporaneo che a volte lascia interdetti.
Megalopoli i cui limiti si perdono nella dimensione regionale, Londra sperimenta in modo definitivo l’integrazione con le popolazioni del suo ex impero ma anche con la nuova ondata migratoria dell’est Europa.
Nel continente asiatico, Hong Kong o le grandi città cinesi, Shanghai, Pechino oppure Bombay in indici la velocità ha investito le città nel loro complesso con furia disattenta.
Si é creduto che l’evoluzione delle aree geografiche soggette al sottosviluppo, dovesse ripercorrere integralmente i momenti della crescita come era avvenuto in secoli nel mondo occidentale.
La cultura e la tecnologia digitale e informatica, permettono ad aree estremamente arretrate di passare direttamente dal sottosviluppo ad un economia avanzatissima, accorciando tempi e riducendo risorse
In un recente viaggio in India , ho visitato regioni molto diverse. Mi sono reso conto a Dehly, a Bombay, nella città nuova di Chandigar o nella turistica Jaipur, che il ruolo delle università come fattore moltiplicativo per economia e sviluppo, era il vero valore aggiunto. Si può dire che, la città se ha un polo di eccellenza educativo, assume immediatamente un ruolo.
É la prima volta dopo l’organizzazione aziendale di Taylor che l’economia non si basa più sulla quantità dei pezzi prodotti, ma sulla materia grigia presente nel processo di produzione e di innovazione.
Le città che hanno centri di ricerca e università dinamiche diventano ‘luoghi’ la cui crescita e capacità di attrazione trasforma in aree sperimentali:popolazioni e culture diverse ma unificate e rese omogenee dai nuovi strumenti.
L’essere umano negli ultimi anni si é dotato di nuovi strumenti come non avveniva più almeno dalla rivoluzione industriale.
La fabbricazione di “mezzi invisibili”: non riempie le città di monumenti e neanche celebra la nuova economia con torri straordinarie o complessi impressionanti , manifestazione concreta di potenza e potere economico. Sono strutture invisibili che usano la raffinata e quasi alchemica produzione di intelligenza artificiale come sistema di autocomunicazione e informazione.
Le aree urbane sono ormai celibi, oppure vedove del mito dei Van der Bilt o dei Rockfeller, le grandi famiglie che costruirono Manhattan.
Un cliente invisibile per gli architetti e le città .Ecco a che cosa siamo confrontati. L’accumulazione di risorse si dispiega nell’universo dei “fondi”. Evoca una vita divenuta troppo lunga per dare certezza. L’ansia è l’insicurezza di avere superato limiti non conosciuti e riproduce in modo inconsueto il mito dell’eternità. La religione non è più sufficiente a riportarci alle logiche dell’esistente .Una vita in cui età e salute siano considerate fattori marginali. Perfino i funerali,o come si dice la dipartita non occupano le città. Frettolosamente conclusi si alternano alla nascita come prodotti da tecnologie desuete.
L’origine e la fine,i luoghi di appartenenza sono dimenticati anzi cancellati dalla memoria.
Gruppi o forze ormai sconfitte, messe in disparte, rispetto alla grande mutazione, si muovono antagonisticamente. Ma credo che tutto è talmente radicale da spazzare via ogni residuo modo di pensare “nostalgico“.
Calcutta o Kuala Lumpur una con un’area urbana regionale di circa 44 milioni di esseri umani, l’altra con almeno 14 milioni di abitanti, rappresentano dimensioni estreme, ma anche nuovi modi di aggregazione e di produzione. Nel caso di Calcutta si tratta quasi di forme spontanee e di vicinato estranee alla gestione pubblica, a Kuala Lumpur, una città che cresce a ritmi incredibili, riscopre forme di vicinato e riduce gli spostamenti divenuti impossibili. La perdita di controllo delle istituzioni trasforma ogni attività individuale nell’integrazione di più fattori.
La complessità delle megalopoli è anche la loro ragione di esistere.:Possibilità di trovare lavoro o occasioni, certezza che le aree periferiche e lontane dai grandi centri abitati sono a tasso di sviluppo vicino allo zero.
La crescita incredibile dei nuovi sistemi di comunicazione ha definitivamente generato la figura di impresa individuale: impresa molecola.
Individualità e frammentari gruppi o associazioni, rappresentano una nuova società non riducibile a segmenti e non aggregabile, mossa solo da specifici interessi di gruppo.
La visione mediatrice dei partiti politici ne risulta fortemente ridimensionata.
Risulta anche di difficile rappresentazione e comprensione un mondo puntiforme che usa metodi di comunicazione rapidi e complessi.
Il tentativo messo in atto dalla politica tradizionale, diciamo,per comprendere e orientare i bisogni di questi nuovi attori, è stato l’uso massiccio dei media. La moltiplicazione degli stessi e la tecnologia a basso costo di internet, le piattaforme digitali, hanno disarmato l’effetto e il potere di comunicazione e convincimento dei mezzi usati.
Si è tentata un’altra strada: usare i sondaggi per comprendere complessità, bisogni e necessità della società in mutazione.
La città era divenuta luogo di sperimentazione e di analisi.
Se in un primo momento la teoria che è alla base dei sondaggi ha dato qualche buon risultato, con il passare del tempo la completa molecolarizzazione del sistema ha reso i sondaggi contradditori e destituiti di ogni valore.
La velocità di scissione del nostro sistema ormai è tale che inseguire bisogni, interessi e desideri, frammentati e polverizzati, risulta impossibile.
Le aree urbane seguono in modo non previsto ma con sottile logica comportamenti anarchici e autonomi. Che. Roma con i suoi 800 mila motorini assomigliasse a Bangkok, oppure che la periferia delle grandi aree urbane europee, disperata e di difficilissima gestione, assomigliasse, come sistema di sussistenza e forme di produzione, alle città del sud est asiatico, una decina di anni fa sarebbe sembrato incredibile.
I numeri non sono più la forma ma la sostanza dello sviluppo urbano, e questo ancora prima di analizzare le modifiche delle culture e dei nuovi abitanti.
Una geometria senza limiti ne confini in continuo divenire ,ecco a che cosa assomiglia la città. A un MAGMA in cui si confondono differenze e appartenenze, pur lasciando una conflittualità permanente.
Se non fosse per le dimensioni potremmo pensare alle contrade dei comuni, od all’antagonismo tra diversi centri nel passato. Quartieri e campanili, confrontati con nuove migrazioni e conquiste di territori urbani: Place d’Italie a Parigi è un arrondissement abitato in gran parte da cinesi o meglio da asiatici, Little Italy a N.Y. è stata ormai conquistata dalla comunità cinese, a Berlino un enorme quartiere è abitato dalla comunità turca.
note
1
Estratto dell'intervista in "Caos sublime. Massimiliano Fuksas con Paolo Conti", edito da Rizzoli, 2001 RCS Libri S.p.a, Milano. Traduzione al portoghese del'originale in italiano e organizzazione editoriale di responsabilità de Assunta Viola, arquiteta e assistente allo Studio Fuksas dal 1994 al 1996, a Roma e Parigi.
chi autore
Massimiliano Fuksas (Roma, 1944) laureato alla Facoltà di Architettura di Roma ("La Sapienza'), la stessa cità dove lavora dal 1967, dove crea suo Studio di Architettura. Crea, nel 1989 a Parigi, e nel 1993, a Vienna i suoi altre due Studi. È professore invitato nele università: la Staadtliche Akademia des Bildenden Kunste di Stoccarda, Germania; l'Ecole Spéciale d'Architecture di Parigi, Francia; l’Institut fuer Entwerten und Architektur di Hannover, Germania; l’Akademie der Bildenden Kunste di Vienna, Austria; la Columbia University di New York, N.Y. Stati-Uniti. Vincitore di diversi concorsi internazionali, dal 1998 al 2000 è stato Direttore della VII Biennale Internazionale di Architettura di Venezia 2000 "Less Aesthetics, More Ethics".