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interview ISSN 2175-6708

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Benaminio Servino tem uma maneira pessoal de imaginar o presente, com um vocabulário próprio, feito de memória e desejo. Também de ironia, paródia, caricatura, distopias... Entrevista feita por Sérgio Hespanha e Federico Calabrese.

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HESPANHA, Sérgio; CALABRESE, Federico. Beniamino Servino. Architettura Italiana contemporanea: tra disegno e progetto. Entrevista, São Paulo, dates.year 15, n. 059.01, Vitruvius, dates.sep 2014 <https://vitruvius.com.br/revistas/read/entrevista/15.059/5329/it>.


Necessidade monumental na paisagem do abandono

SH/FC: In che aspetti esisterebbe una indipendenza tra “fabulazione” nel disegno e idea progettuale (nel caso di distinguo tra le due)?; o se discordi dall’espressione “fabulazione”, di che si tratta quando ti liberi dalle riposte a questioni programmatiche e tecnologiche o anche estetiche? Nella ricerca di premesse e concetti teorici che alimentano il pensiero che sta dietro al progetto architettonico, come vedi l’attitudine dell’architetto oscillante sempre tra essere più autonomo e personale o più introdotto e universale? L’architetto deve essere più propositivo prima (teoria, testo) o dopo (con il progetto e la sua forma)?

BS: Non ho mai piena coscienza dell’idea. La metto a fuoco lentamente. Così come avviene per un progetto. Per un disegno. Elaborandolo [il disegno] il pensiero si chiarisce e si definisce...

E’ il pensiero [di cui sembra non si abbia coscienza] che guida la elaborazione meccanica fino a fermarla al punto in cui [il pensiero stabilisce che] il risultato si possa sovrapporre [sia sovrapponibile] all’idea, le corrisponda.

L’intuizione è creazionista. Lo sviluppo lento per avvicinamenti è darwinista. La prima è mistica il secondo è laico [non mistico/antimistico/mondano/secolare].

E’ il pensiero [di cui sembra non si abbia coscienza] che guida la elaborazione di una immagine fino a fermarla [la elaborazione] al punto in cui [il pensiero stabilisce che] il risultato gli [al pensiero] possa corrispondere.

L’Architettura è autobiografica. L’Architettura è autobiografica non è architettura del ricordo, della nostalgia.

E’ invece architettura liberata dalla paura di scelte impopolari, inopportune, politicamente scorrette. E’ architettura che confonde le fonti, che riproduce [fa come] gli eroi, che li tiene uno accanto agli altri, casualmente.

L’Architettura autobiografica si ferma alla superficie. E’ una architettura personale con le inflessioni di un dialetto. Che è piena di sbagli sapendo di essere piena di sbagli.

L’architettura autobiografica tende alla leggerezza come disimpegno, ha dimenticato Calvino o forse non lo ha mai conosciuto.

E’ elementare e superficiale.

Ma poi, in fondo, tutte le storie si somigliano. E l’architettura autobiografica [della mia autobiografia] diventa architettura collettiva.

SH/FC: Che relazione c'é tra il pensiero como indagine autobiografica, memoria, sincronismo e bidimensionalitá? questa relazione imporrebbe un limite di espressione alla forma? La bidimensionalitá in questi termini non credi che  sia legata ad una cultura che si basa sul testo (storia, memoria: letteratura) e il disegno non sarebbe un limite anacronico oggi? La forma che si desidera con il progetto in architettura, non puo essere cerata e espressa attraverso differenti forme di rappresentazione? Dove e come situare il disegno in questo mondo cosi diverso?

BS: L’approccio autobiografico al progetto significa mettere il sé in primo piano. Comporta l’affrancamento dai condizionamenti del corretto, del giusto, dell’autonomia rispetto ai modelli.

La memoria ha elaborato le immagini conservate adattandole al sé. Gli oggetti della memoria sono già elaborazioni progettuali.

E qui, nella memoria, non c’è profondità. Le cose sono disposte su un piano bidimensionale.

E qui, nella città, le cose sono disposte su un piano bidimensionale. Sincronico.

Una democrazia [un equilibrio democratico, senza gerarchie] di pesi e di valori.

SH/FC: Difendi gli archetipi. Archetipo ha una certe permanenza. La permanenza non cristallizza e tende a una reputazione religiosa di ciò che si fa archetipo?

BS: E qui tutto si fa fede.

SH/FC: I tuoi disegni, come tutti i disegni, non compongono e rafforzano memorie? Non é qualcosa di memorialistico? Ma allo stesso tempo si lanciano verso il futuro-dell'inesisitente-, questo non é un contraddizione?

BS: La memoria è un database. Non è una soffitta con le cose conservate e impolverate.

E’ [la memoria] un elaboratore continuo, perpetuo, che produce pensiero.

SH/FC: Come vedi questi disegni rispetto all’uso massificato di tecniche di rappresentazione della forma architettonica di cui disponiamo oggi e che crescerà nel futuro? Nei tuoi disegni esiste qualcosa, e in che misura, che insinua o introduce le tue teorie?

BS: Il disegno [o meglio, la rappresentazione dell’architettura] è lo strumento per la messa a fuoco del pensiero di architettura. Non viene dopo. Non viene prima.

E poi c’è il disegno auto celebrativo. Riflettente. Riflessivamente celebrativo.

SH/FC: Difenderesti (a partire dalla tua esperienza?) un uso generalizzato di questo tipo di disegno? (in ambito insegnamento, per esempio).

BS: Ogni pensiero di architettura ha bisogno della sua rappresentazione. Sennò [se non, altrimenti] uno se lo dimentica.

SH/FC: Citi la fotografia come strumento di progetto. Allo stesso tempo, volorizzi molto il disegno come strumento di questo tipo. Che contiene ognuno (foto-disegno)? Menzioni il disegno, la visione del progetto, per riferirti al fatto che le sue immagini non sarebbero solamente visioni, ma progetto. Quale é la connessione tra disegno, visione e progetto nelle immagini che l'architetto produce?

BS: Il progetto struttura l’idea dell’architettura. La trascrive [l’idea di architettura] in un momento preciso della sua formazione. La fissa prima che possa diventare altro. 

La fotografia e il disegno sono alcuni degli strumenti del progetto.

SH/FC: Come vedi la relazione tra architettura e virtuale e come ti collochi in questo quadro di cambiamenti più recenti? Considerando come referenza, per esempio, quello che Picon dice sull’impatto potenziale del mezzo digitale del progetto assistito sulla materialità dell'architettura. Nello specifico, come s’inserisce nel tuo processo progettuale, con il disegno, l’emergere di questa virtualizzazione?

BS: I render di illustrazione di un progetto non mi interessano.

Il disegno [l’immagine di architettura] è solo uno strumento di elaborazione progettuale.

SH/FC: Cosa il disegno ti permette di fare nel tuo processo progettuale?

BS: I pensieri diventano complessi se hai le parole per descriverli. Sennò [se-non, altrimenti] sono pensieri poveri.

...

Il pensiero usa i tempi e le parole di chi lo descrive per assumere la propria forma.

SH/FC: L’uso di questo disegno, più libero, viene dalla tua formazione?

BS: Viene dalla ripetizione.

SH/FC: Hai avuto qualche influenza? Di chi? Come si è sviluppato negli anni (uso del disegno)?

BS: Le immagini che produco sono tutte quelle di cui mi sono nutrito. Solo un po’ corrotte.

[Le immagini di cui mi sono nutrito mi hanno corrotto].

Le immagini che conservo si toccano [si contaminano] tra di loro.

...

Sincretismo invece [al posto] di Purismo.

Tante immagini di architettura si mescolano e sono trasfigurate.

Por uma utopia mínima

 

SH/FC: Identificheresti l’uso del disegno con l’importanza di una certa architettura italiana? Se fosse cosi, vedi una relazione tra uso del disegno e il peso della tradizione e del patrimonio architettonico italiano?

BS: La costruzione dell’architettura [la sua pratica]è l’ambiente naturale alla sua sperimentazione.

Costruire l’architettura e’ il modo migliore per la sua sperimentazione.

I tempi della costruzione [più o meno lunghi] favoriscono la contaminazione inevitabile del proposito originario però aiutano anche a definirlo.

...

Al contrario, la elaborazione di una immagine di architettura restringe in tempi estremamente abbreviati 
il processo della variazione-adeguamento. In entrambi i casi [la costruzione dell’architetturae la elaborazione della sua immagine] l’esercizio della variazione-adeguamento
è vitale per la messa a fuoco del pensiero architettonico.

...

L’architettura è specchio 
più o meno fedele
 della storia del suo autore.

...

Gli specchi e la dilatazione dell’angusto.

Il disegno è un aforisma.

...

L’aforisma è uno strumento di comunicazione rapida [di pensieri lenti]

...

Il disegno di architettura è uno strumento di propaganda. Politica. E della forma della politica.

SH/FC: Il disegno é un aforisma. Questo si riferisce alla forma o alla funzione del disegno?

BS: L’aforisma [il disegno] è un modo per rappresentare [dare forma] al pensiero.

SH/FC: Ti nutri di immagini. che tipo di immagini, da dove vengono, come le blocchi e le fissi?

BS: Osservo le cose, reali e virtuali. Quelle che mi piacciono [le cose che mi piacciono/mi sono affini/mi commuovono/mi divertono/...] le fisso nella memoria/le fotografo/le salvo in un archivio.

E poi le uso. Indifferentemente.

SH/FC: Ci sono degli aspetti specifici dei tuoi disegni che entrano già nelle soluzioni progettuali?

BS: Il progetto è la somma di tanti disegni.

SH/FC: La relazione tra architettura-città-territorio com’è presente nei tuoi progetti?

BS: L’architettura può ricostruire un nuovo equilibrio fra le parti di una città e fra questa e il territorio. Intervenire con l’architettura sulla città e sul territorio è un atto politico.

La corrispondenza diretta fra degrado urbano o parti incompiute di città e fasce sociali di disagio determina un dis-equilibrio che è anche fisico, morfologico.

Il terrorismo simbolico della città delle periferie e dell’abusivismo, della separazione netta e strumentale tra il bene e il male, ha bisogno di passaggi traumatici e altrettanto simbolici per risolvere lo sbilanciamento della città contemporanea.

L’equilibrio della città ne prepara la bellezza. Ne recupera la bellezza.

La bellezza e la democrazia sono costruite sull’equilibrio. [L’estetica del dis-equilibrio riflette lo sbilanciamento economico e sociale].

Necessita’ monumentale nella citta’ sbilanciata.

Necessidade monumental na cidade desequilibrada.

Per essere condiviso e sostenuto il monumento deve essere riconosciuto come proprio. Deve essere rappresentato [il monumento] in una forma generata dal proprio repertorio linguistico. Deve mostrare fiero la sua genesi, ma assumere anche una dimensione dilatata ipertrofica ciclopica smisurata. Ma ancora riconoscibile. Una anamòrfosi liberatoria, immaginifica.

Solo allora il monumento genera stupore. Uno stupore da controriforma. Uno stupore che prepara un nuovo equilibrio, uno stupore legittimante.

SH/FC: Il sincronismo e la bidimensionalitá che difendi sono fondamentali nell'attualitá nell'azione progettuale? Come e dove entra la prospettiva storica, la memoria, la nozione di patrimono in questo caso?

BS: La storia non ha profondità. La città non ha profondità. Ci appare [la città] simultaneamente. La usiamo [la città] simultaneamente.

Por uma utopia mínima

SH/FC: La familiaritá in architettura significa che le cose si sovrappongono e si accumulano? E´la stessa cosa che fomentare una conoscenza storica sull'architettura?

BS: La familiarità corrisponde alla riconoscibilità. Che appartiene a un lessico noto e rassicurante.

La familiarità costruisce una sponda. La meraviglia una altra sponda. In mezzo si muove l’idea della bellezza.

SH/FC: Che cosa sono peso e leggerezza nella costruzione della bellezza del mondo?

BS: Sono degli attributi di chi la osserva la bellezza. Chi la costruisce [chi aspira a costruirla/chi la cerca] la pensa senza attributi. Solo Necessaria.

SH/FC: 39-Che cose é la confusione della cittá? A che cittá ti riferisci e quali sarebbero le sua parti, come si fondono e come contengono i ricordi? Sarebbe una attitudne di acettazione, contrapponendosi a una di riforma?

BS: La città esemplifica la tettonica a strati. Qualche volta gli strati si distinguono [è possibile riconoscerli]. Altre volte si con-fondono. Diventano un corpo unico.

La città è definita dalla quarta dimensione [Le città di fondazione, essendo costruite in un tempo orizzontale, sono delle non-città, o almeno delle non-ancora-città].

La città usa le 4 dimensioni [con la quarta corrispondente al tempo] per la sua costruzione ma si manifesta in una successione di piani bidimensionali. E qui l’assimilazione con i ricordi [la memoria].

SH/FC: In che punto sta la contraddizione tra forma e superstruttura? La forma non sarebbe valorizzata giustamente nell'ambito della superstruttura?

BS: Superstruttura? La forma dell’architettura contiene in sè ogni cosa. Non il contrario. Non sono le parti costituenti che danno forma all’architettura.

SH/FC: Quando parli della rovina, dell'abbandono, come piattaforma per edificare nuovi paesaggi, sembra un concetto vicino a quello del Terrain Vague o del junckspace?

Ci sono delle differenza?

BS: L’abbandono, quando lo trovi, è la quota zero da cui partire.

Sanare/Ripristinare è solo propaganda pittoresca. Il pittoresco ai tempi del digitale.

SH/FC: Quale sono e come si stabiliscono, nel progetto, i limiti tra i due estremi: non eccedere nella ricerca affannosa di futuro o non eccedere nella fissità del presente?

BS: Il visionario non e’ previsionario [che opera PreVisioni].

Visionario è un modo tutto personale di immaginare il Presente ridefinito con un vocabolario proprio [fatto di lemmi della memoria e del desiderio]. Il Visionario non prevede [non vede prima] la città o il paesaggio del futuro.

O visionario não é pre-visionario [que faz previsões]

Il Visionario [Utopia autobiografica] si muove in un intervallo molto instabile delimitato da un lato dall’Ironico [il Parodistico-Caricaturale] e dall’altro dalla Distopia [il Catastrofico].

I visionari non sono dei pre-visionari. Nel senso che non immaginano un tempo futuro, immaginano più semplicemente un tempo presente scritto con il loro vocabolario. Ogni visione [utopia] è databile.

Il gioco sapiente della sopravvivenza è quello di tenersi in una striscia di medietà dove gli estremi di questo intervallo si incontrano in alcuni momenti, ma sono tenuti ordinariamente a una distanza di sicurezza.

SH/FC: La tua diade visionaria-ironica é in contrasto com la triade vitruviana? Da all'autore una certa autonomia nella ricerca di risposte ( programma, come domanda?), in modo da fissarsi nella autobiografia? E´antiutopica? essendo dispotica e immediata. Puoi spiegare se é possibile la relazione tra utopia e distopia nel tuo lavoro?

BS: Il visionario [che non è il pre-visionario, ma solo colui che guarda il mondo con i suoi occhi. E lo guarda oggi] si muove lungo un bordo che da un lato ha l’ironia [la parodia] e dall’altro la distopia [la catastrofe].

SH/FC: Cosa intendi per semplicità quando la menzioni quando parli di opera autobiografica?

BS: Autobiografico significa fatto con naturalezza.

Quale é la necessità di contrapporsi all'invenzione? O si tratta solamente di riscattare la copia?

Cercare la invenzione è uno sforzo inutile. Asseconda solo l’aspirazione fanciullesca al demiurgo. L’invenzione è una aspirazione mistica. Come la creazione.

Più laicamente, la trasposizione di un testo da un tempo a un altro [tradizione], da una lingua a una altra [traduzione] da un corpo a un altro [tradimento] conduce a scoprire spazi inattesi di scrittura personale.

Serendipity.

SH/FC: Dove sta la connessine tra memoria e invenzione? Non distinguere il ricordato dall'inventato é una maniera di rendere più attuale quello che si fa? Non ci sarebbe distinzione, quindi, tra quello che é creato, che si adotta, che si adatta, e quello che si rafforza nel conosciuto, e che si rafforza in quello che si cerca e che ancora non é conosciuto? Se non é possibile inventare, nemmeno é possibile mantenere come era prima? Dove sta il grado di questa mistura?

BS: La memoria non è uno scrigno dove si conservano le cose. E’ un elaboratore che le trasforma.

SH/FC: Puoi spiegare la relazione tra tradizione, traduzione e tradimento, come si collocano nel tuo lavoro? Spiegaci, questa dinamica della memoria che usa la triade tradizione-traduzione-tradimento.

BS: Chi non dichiara di essere un creativo e di inventare, chi non delira insomma, usa – inevitabilmente – queste categorie [che non a caso hanno una comune radice, del trasportare] come necessarie al riconoscimento di sè.

SH/FC: La corruzione del/nel disegno, come necessità genetica, non apre il cammino per l'invenzione?

BS: Corruzione/Contaminazione/Trasfigurazione sono passaggi [non necessariamente in questo ordine] della pratica di messa a fuoco del pensiero nella sua fase di elaborazione attraverso il disegno. Quella del disegno è una operazione da laboratorio dove si cerca di ricostruire artificialmente l’ambiente esterno.

La costruzione della architettura avviene invece in diretta. Live. Anche se usa una partitura [il disegno/progetto] vive direttamente l’ossidazione da esposizione agli agenti del caso.

L’invenzione qui è l’inatteso esito del trasferimento dal bidimensionale al tridimensionale.

SH/FC: Corrompere la fonte come condizione per la sua assimilazione e uso strumentale non equivale a inventare? In questo sembra che non ci liberiamo del peso relazionato alla creazione mistica, che tu rifiuti?

BS: L’invenzione come risultato di un metodo scientifico, darwinistico. Non come presupposto demiurgico.

L’invenzione, quindi, come alterazione, deformazione, trasfigurazione. In breve, adattamento a sè.

SH/FC: Quale é la differenza tra creazione e invenzione, se esiste?

BS: Darwinismo versus creazionismo. Laico versus mistico.

La tensione alla creazione è atto impuro [luciferino], di sostituzione al Creatore, e produce Impotenza. Crollo della libidine.

...

L’invenzione corrisponde alla Eterogenesi dei fini.

SH/FC: Come relazionarsi con la storia quando si comincia il processo progettuale? 52- Come confrontarsi oggi (specialmente in Italia) con il peso della tradizione di una teoria critica dell’architettura e con il peso e la possibilità di un possibile ritorno- in qualche modo- a quello che potremmo intendere come “storicismo”? (Tafuri, Rossi, più il peso di un patrimonio millenario).

BS: L’ambiente fisico – la città- appare schiacciato sotto un piano. Ci appare bidimensionale, come una costruzione di superfici contemporanea [a me contemporanea]. L’approccio a essa [alla città, alle parti di città] è quindi sin-cronico non dia-cronico.

[Sul completamento dei testi interrotti].

Il completamento di un testo interrotto non è esercizio di ricostruzione filologica. E’ invece una digressione che coinvolge in maniera diretta il nuovo autore che è diverso dal primo. [O è lo stesso autore in tempi diversi]. Opera [il completamento] nel piano bidimensionale [sincronico] e non in quello diacronico.

Il risultato non è la ricomposizione della sua [del testo] forma originaria [semmai esistita] o della forma voluta dal suo primo autore. Il risultato è una nuova forma che alla prima si innesta e ne prepara una ulteriore [anche oltre l’apparente sopraggiunta compiutezza].

SH/FC: Con l’uso delle tecnologie che sembrano avvicinare il progetto di architettura al disegno industriale; (parametrizzazione e “proto-tipazione”) come vedi le relazioni tra architettura e luogo, storia e memoria?

BS: Il progetto non interpreta e non comprende un luogo. Il progetto interviene in quel luogo. Il buon o cattivo esito del progetto non dipende dalla buona o cattiva interpretazione o comprensione di un luogo. Dipende [l’esito] dalla forma dell’oggetto architettonico.

Sulla autonomia reciproca di architettura e paesaggio.

La piramide nel deserto è la esemplificazione della reciproca autonomia di architettura e paesaggio.

L’architettura che si mimetizza è subdola. E’ un inganno con dolo.

De dolo simulationis

...

Sull’autonomia reciproca di architettura e paesaggio.

SH/FC: In che misura le tue teorie e il tuo processo progettuale si circoscrivono alla realtà e ai limiti italiani e campani (in relazione, per esempio al grande patrimônio costruito e naturale che andrebbe preservato- se lo compariamo a quello che succede in Brasile)? -L’architetto può e/o deve poter attuare indipendentemente dal luogo nel quale si è formata la sua visione del mondo, la sua autobiografia? O quest’ultima, è solamente il tuo modo di vedere e intendere, anche se si tratta di realtà molto differenti? -Se dovessi fare un progetto in Brasile, la tua autobiografia che peso avrebbe? Come vedi questo rispetto a un possibile appiattimento della cultura, soprattutto con il livello che hanno raggiunto i nuovi mezzi di comunicazione?

BS: Il luogo di formazione e crescita di un Autore gli serve per mettere a punto un vocabolario, un lessico, da utilizzare per il suo racconto. Questi [il vocabolario, il lessico] sono sempre spuri però, inglobano cioè, anche in modo inconsapevole talvolta, immagini e testi di origine diversa, lontana.

L’autobiografia dà all’Autore semplicemente un punto di vista, un punto di osservazione.

SH/FC: Cosa é la nudità in/della architettura?

BS: La nudità rimanda alla autobiografia. L’architettura nuda non ha maschere. Non pelle, ma maschere.

SH/FC: Sei un architetto classico? O moderno? O post moderno? Ti interessano questi concetti?

BS: Gli architetti si distinguono in due categorie. Quelli vivi e quelli morti.

Por uma utopia mínima

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