SH / FC: In generale, come sviluppi i tuoi progetti?
CG: Schizzi anche veloci finchè non si chiariscono le idee, poi computer, poi di nuovo un disegno a mano magari anche autocompiaciuto. Mi serve a dare forza all’assetto finale dell’idea forzando e limando.
SH / FC: I tuoi disegni nascono in che fase del progetto e con che obbiettivo specifico?
CG: Come ho detto qualche disegno nasce prima, qualcuno a metà e qualcuno per chiarire l’assetto finale. Servono, quelli legati a un edificio veramente da realizzare a sviluppare quello stesso lavoro. Poi ce ne sono altri ugualmente importanti utili come ideario.
SH / FC: Esiste una produzione grafica indipendente da quella architettonica? -Questa produzione indipendente è legata direttamente ad un incarico?
CG: Si, si tratta di lavori necessari a costruire un bagaglio di preconcetti e mosse autoriali che poi possono divenire progetti ma non necessariamente e non tutti. Comunque hanno una vita autonoma e legata all’architettura da costruire al tempo stesso perchè non sono mai esercizi grafici ma puntualizzazioni di idee e posizioni che poi tornano sempre a volte anche come studi nei libri o come elementi chiarificatori di una determinata posizione culuttrale che assumo.
Non è legata quasi mai a un incarico per un lavoro di architettura strictu sensu può nascere da una ricerca che faccio come professore universitario oppure essere commissionata per una mostra o altro da galleristi, curatori etc.
SH / FC: Quale é la relazione tra questa produzione indipendente e quella incaricata?
CG: Sono qualitativamente molto simili solo che quella incaricata si trasforma in progetto l’altra resta disegno, appunto grafico, collage, provocazione.
Qualche anno fa all’università produssi dodici disegni su sei città: i miei studenti usarono i disegni come unica traccia analitica per costruire dei progetti e dei plastici per queste città. Liberamente ispirandosi ai lavori che avevo fatto ne nacque la mostra Vita con gli oggetti, un allestimento blu al Palazzo Reale di Napoli e un agile libro un po’ overdressed che amo molto.